sabato, gennaio 27, 2007

Impossibile resistere

Da quando Antonio Tombolini ha scritto, prima qui e poi qui, della vicenda Eataly.it & Slow Food, ripreso successivamente, qui, da Stefano Bonilli, ho frenato il desiderio di scrivere a mia volta qualcosa; perche' sarebbe stato fatalmente troppo lungo, troppo verboso, ed io amo i post brevi e scattanti. Il mio punto di vista avrebbe dovuto inevitabilmente parlare della funzione del commerciante al dettaglio, anno domini 2007, con tutti gli sbrodolamenti autoreferenziali del caso; ho resistito finche' ho potuto, ma come vedete, alla fine ecco il cedimento: impossibile resistere.

Dice: non giudicare questa cosa, siccome nemmeno e' partita, e cribbio, almeno aspetta di vedere com'e'.
Ma certo. Il punto e' che a me della cosa non ne cale alcunche'. Io comincio ad averne abbastanza, anzi, meglio, io vado ormai in acido, ogni volta che leggo certe parole. Le parole che dovrebbero servire a dirci le cose e invece sono piegate agli usi e agli abusi piu' squallidi. Per una volta non ce l'ho con la mineralita', il territorio; la parola del giorno e' sostenibilita'.
Eh si, perche' l'ennesimo, non ultimo, tentativo di far passare un rutilante (lèggasi orrido) ipermercato come un benefattore dell'umanita' e' che questo e' sostenibile. Passi che abbia l'imprimatur di Slow Food, passi che Slow Food doveva stare fuori da logiche commerciali, ma invece ciccia. Quello che non va giu' e' che lorsignori applicheranno prezzi sostenibili, mentre il restante mondo bottegaio permane insostenibile. Se poi i prezzi sostenibili si ottengono nel modo indicato da Claudio Sacco in questo commento, eh be', che sara' mai.
Ebbene, lorsignori hanno re-inventato la GDO. Che dire? Tra i cool linx da sempre elencati in questo blog, qua in basso a destra, c'e' La Grossa Distribuzione, un pezzo storico che dice, con anni di anticipo su questi fatterelli, tutto quello che c'era da dire in proposito.

La qualita' per le masse. Possibile mai che ci si caschi ancora, in questa illusione? Come ho gia' avuto modo di dire, esistono produzioni fisiologicamente limitate nei numeri. Se hai cinque ettari di vigna, puoi star certo che da quella vigna escono poche migliaia di bottiglie. Dire questo non e' snobismo, e neppure elitarismo; i meccanismi della natura sono questi, punto. Anche qui, mi preme focalizzare altro: il gigantismo.
Il gigantismo della distribuzione, della produzione, e dei fatturati (figuriamoci, dobbiamo puntare al massimo, sempre e comunque); questo gigantismo genera i centri commerciali, ha definitivamente cambiato le citta' e ci illude di chissa' che progresso, ed e' male. E' il responsabile di sconvolgimenti ecologici, di spersonalizzazione e alienazione nei rapporti interumani; e ci viene gabellato come la panacea di ogni male. Non e' un caso che il linguaggio adottato da queste strutture sia, ora e sempre, il linguaggio vacuo, demenziale, degli slogan pubblicitari; il claim di questo ennesimo (e non ultimo, ripeto) supermarket (Eataly.it) e' "gestire il limite", che e' una cosa lunare, siccome identifica esattamente la contraddizione in termini dell'altro slogan "la qualita' per tutti". Cosi' gestire il limite si svuota di ogni contenuto, e allora tanto valeva usare qualsiasi altro roboante proposito, che so, "verso l'infinito, ed oltre"!

Comunque, e' un fatto, il gigantismo e' la norma, e il suo superamento probabilmente e' pura utopia. Per come la vedo io, con il gigantismo (e le sue improbabili promesse) si puo' pure convivere. Si puo' continuare a girare per gli scaffali di un supermercato e ascoltare una irritante voce amplificata che mi ricorda "la Coop sei tu"; e' incontrovertibile che la Coop non sia io, ma pazienza, dobbiamo farcela andare bene. Resta il fatto che nessuno di noi si rivolge al suo prossimo con frasi demenziali del tipo "ciao, sono Fiorenzo, e gestisco il limite". Nessuno si riempie la bocca di termini fuffosi, pena essere spernacchiati dagli astanti. Pero' questo tipo di comunicazione (per le masse) si concede il lusso di usare, sempre, questo insopportabile linguaggio privo di senso comune. Devo dire che mi va bene? Non lo diro'.

Arrivati a questo punto dello sbrodolamento, bisogna per forza di cose essere propositivi. Esistono alternative? E soprattutto: che alternative si propone alla distribuzione massificata? Che ruolo potra' mai avere, alternativamente e residuamente, il vecchio bottegaio?
La risposta a queste domande sara', per forza, bignamesca. Non posso rischiare che il lettore di questo blog stramazzi sulla tastiera.
Se la domanda del consumatore-tipo e' "dove si puo' acquistare il vino di qualità", ebbene, la risposta e' facile: "dal produttore".
Avete capito bene. Non ho detto "in enoteca"; nemmeno nell'autogrill, in farmacia, nemmeno in piazza al mercato; e non parlo di Internet, solo perche' altri ne hanno gia' parlato, meglio di me. Esistono prodotti per i quali la disintermediazione e' cosa fatta, quindi il mio consiglio e': approfittatene. Lo stesso prodotto, se comprato da me, costera' di piu'; vi potra' costare anche il 40%-50% in piu' rispetto al costo di origine. Tuttavia non abbiatene a male, accade cosi' per ogni prodotto che consumate (consumiamo; pure io, come voi, sono un consumatore). Sfortunatamente, non per ogni prodotto e' possibile disintermediare (non ancora, diciamo) quindi, ribadisco: approfittatene, e comprate direttamente.
Se non riuscite a comprare direttamente, esistono altre vie per approvvigionarsi a prezzi interessanti: i grossisti (che di fatto vendono pure al dettaglio, e per come la vedo io fanno bene) - e ancora, i rappresentanti, gli intermediari (idem come sopra). In ultima istanza, esistono pure le enoteche.
A questo punto e' giusto chiedersi: e a che diamine serve, allora, un enotecaro? Risposta: serve a raccontarvi qualcosa. Serve a cercare qualcosa di nuovo, insolito, speciale, artigianale, qualcosa che magari ancora non consideravate, e ve lo racconta. E ancora: serve a tutti quelli che non hanno tempo, o voglia, di disintermediare. Serve a tutti quelli che ancora non hanno imparato a disintermediare (e sono tanti). Non sempre ci riesce, e non costantemente, ma in via generale e' cosi' che lavora. Insomma, non e' del tutto inutile.

A questo punto bisogna precisare un dettaglio. Contrariamente a quanto potrebbe apparire, io non sono ideologicamente contrario alla GDO, ai supermercati, alle varie la-Coop-sei-tu. Vedete, io credo che ci sia posto per tutti. Diro' di piu': io auguro, a lorsignori di Eataly.it et similia, ogni successo. Auguro loro di fare i miliardi, di trionfare (e magari di gestire davvero il limite).
Poi, pero', auguro qualcosa pure a me (e a quelli come me). Auguro di sopravvivere, di avere il diritto di esistere; si, perche' il gigantismo di cui sopra non contempla, non piu', l'esistenza di noi che facciamo un lavoro antico (non proprio il piu' antico, ma quasi). Cioe' il lavoro di chi cerca qualcosa di convincente e di valido, lo compra, e lo rivende. Facile, no? Eppure noi siamo sempre meno, stiamo sparendo -- e abbiamo le nostre colpe, certo, ma abbiamo, credo, pure il diritto di provarci. E abbiamo il diritto di non sentirci dire che tutto questo sia insostenibile.

6 commenti:

  1. 'mazza fiore, un sfogo bello duro il tuo. Se posso permettermi di sintetizzare, mi trovi d'accordo quando dici: qui ci sono io a metterci sopra il mio 40-50%, ma non sono inutile, perché io ti racconto qualcosa e ti do quello che la GDO non ti potrà o vorrà dare, un servizio personale. Una specie di sarto VS pret a porter. C'e' spazio per te, e per tutti quelli che hanno da metterci dentro la passione di scoprire, offrire, consigliare qualcosa di nuovo, di diverso e di più.
    Detto questo, sono d'accordo anche quando dici che in principio non sei contro la GDO. Io sono contrario questa grande distribuzione, che di gigante ha solo l'arroganza e la mancanza del concetto al serivizio del cliente. Tesco, un vero gigante della GDO, offre dei servizi ed una qualità che i nanetti nostrani, COOP, Esselunga, ecc. neanche si sognano. Mai vista una fila alle casse da Tesco, mai visti prezzi come quelli, ridicoli, italiani, mai vista, mai, la maleducazione del personale. A Tesco, la prima cosa che ti chiedono alla cassa, anche se non sei una vecchietta ma un decatleta, se ti possono aiutare ad imbustare la spesa! C'e' la libertà, ripeto la libertà, di poter fare la spesa alle 11 di sera se vuoi. Tutto è pulito, tutto è nuovo, ed il cliente è finalmente e veramente il RE. I prodotti? Buoni, buoni come i più buoni della Coop.
    E ancora, anche a me fanno rivoltare lo stomaco la retorica vuota di certe parole. Tutte balle, dovete dare un servizio impeccabile ai migliori prezzi possibili, questo è quello che conta. Per il resto, per tutta quei prodotti che non troverai in GDO, e saranno quelli che vorrò comprare se posso permettermeli e se mi piace , verrò da Fiorenzo a chiedere: che mi fai assaggiare oggi? Lo potrò fare in GDO? No.

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  2. Fiorenzo, tre commenti da parte mia: hai ragione.
    Hai ragione, hai maledettamente ragione.
    Qualche anno fa, incaricata da un grande editore di opere a fascicoli (in quel caso, a volumetti) di scrivere del Veneto vinicolo, al capitolo "dove comprare il vino e perchè", parlando delle enoteche ho sempre messo in risalto il loro plus: il fattore uomo. Ovvero il servizio,la competenza, il dialogo, il racconto.
    In una parola, il rapporto umano. Ecco cosa stanno disperatamente inseguendo, anche i giganti di certa GDO. Quel "quid" di assolutamente unico che ti induce a scegliere di comprare il formaggio nel banchetto del mercato settimanale - aspettando perciò una settimana - anzichè prenderlo subito al super sotto casa. Perchè la signora del formaggio è gentile e mi propone sempre cose nuove, e quello del banco al super, no.
    Per non parlare dell'ignoranza di certe commesse. Di fronte allo scaffale dei vini, un giorno ne ho vista una cercare affannosamente l'Amarone bianco chiestogli da una cliente. Beh, ho lasciato che lo cercasse. Così impara a guardar un po' in la' della loro cassa e a rispettare tutte le tipologie di merci (aveva appena detto che a lei il vino faceva schifo). A parte questo, anch'io credo che al mondo ci sia posto per tutti (più o meno). Sono curiosa di vedere come andrà a finire l'avventura Eataly.
    Ma ho molte perplessità sulla - forgive me! - sostenibilità dell'intera vicenda. Come costi, ma soprattutto come sostanza.
    Come hai detto giustamente tu, ci sono dei limiti. E per fortuna. Io non credo al vino biologico industriale, per esempio. E' una contraddizione di termini; o è biologico (e allora è per forza limitato) o è industriale (e allora non ha problemi di quantità).
    Pertando, come si spiegano i prodotti di nicchia "per tutti"? O sono di nicchia, o sono per tutti.
    Se poi "per tutti" s'intende anche "per tutte le tasche", peggio ancora. Io sono disposta (ancora) a credere a Babbo Natale...ma solo una volta l'anno.
    Non tutti i giorni.

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  3. Ho provato a scrivere un post, non a favore, ma che guarda all'iniziativa da un'altra angolazione. Quello che mi chiedo è : e se il sistema si basasse non sulla quantità (molta) di prodotto disponibile da uno stesso produttore ma sulla quantità (poca)di prodotti disponibili da una molteplicità di produttori diversi ? Cioè, pescando il culatello da tutti quelli che lo fanno e non dal migliore purché sia culatello vero ? Non potrebbe essere questo un modello sostenibile ? (e non è una domanda retorica).

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  4. Probabilmente e' possibile, Filippo. Ma sinceramente, acido come sono dietro questa storia, l'ultima cosa a cui penso e' fare proposte logistiche a lorsignori; che si arrangino, tanto si sa gia' che sono bravissimi.

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  5. Cosa dice Sacco sui produttori è completamente errato ,io sono un produttore che vende ad Eataly e posso garantire che le condizioni non sono assolutamente quelle scritte da Sacco.Inoltre ho trovato questo post
    (D'OC) di un'altro produttore .
    Saluti
    Beppe

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  6. Vedi Fiorenzo che avevi ancora tanto da dire?
    E come lo hai detto!!
    Grande.
    Un abbraccio dal corsaro

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