sabato, giugno 18, 2005

Essere Global.

Uno dei miei passatempi preferiti si chiama Flickr. Flickr e' una sorta di blog fotografico: registrandovi, potete caricare le vostre foto preferite sul vostro account (il mio, per esempio, e' http://www.flickr.com/photos/fiorenzo/) e condividere, cosi', una specie di album fotografico online. Sfortunatamente la cosa e' in inglese, quindi richiede una certa conoscenza da parte vostra; ma pure se non ci capite alcunche', sfogliare Flickr non e' difficile.

In effetti, la cosa portentosa di questo sito, fin qui descritto come una roba tutto sommato banale, e' la straordinaria quantita' di account che, cliccando su Everyone's, potete sfogliare: gli utenti sono nell'ordine delle centinaia di migliaia, e sono in quasi ogni angolo del mondo: saltate dall'album fotografico del IT consultant giapponese, a quello della madre di famiglia australiana, passando per adolescenti degli Emirati Arabi Uniti, e via via fino a tassisti di Buenos Aires, e potete andare avanti all'infinito. Si entra nella vita quotidiana di questa massa sterminata di gente attraverso le loro foto di battesimo, matrimoni, feste, ho comprato la macchina nuova, questo e' il mio ufficio, eccetera eccetera.
Io, questa cosa, la adoro.
E, tra mille spunti che sorgono in questo vagabondare telematico, mi accorgo la globalizzazione e' un dato acquisito: non e' solo che i mobili Ikea ormai sono in ogni casa, Honk Kong come Seattle come Bari come Dubai come Citta' del Capo; no, e' qualcosa di piu', e' la sensazione diffusa di comunita' di interessi, di identita' generale di vedute: certo, le spose in (quasi) ogni angolo del mondo hanno il famoso abito bianco che sembra uscito dalla Casa della Sposa; che non capisci piu' bene chi imita chi, siamo noi che l'abbiamo inventato, o l'abbiamo copiato da chi? Vabbe'; si salva il particolare, la sposa in abito bianco in Egitto e' contornata di arazzi mentre a Ginevra fatalmente si vedono le montagne innevate, in una specie di contraddanza dove il local si mescola al global e ogni tanto uno ha il sopravvento sull'altro. E' bene, e' male questo? Io avrei qualche difficolta' ad essere radicalmente critico: cogliere gli elementi che ci accomunano, a questo mondo, mi sembra (non sorridete) commovente.

Che c'entra tutto questo con il vino. C'entra, in qualche modo.
Nel nostro amato dibattito pro o contro la globalizzazione del gusto, applicato anche al vino (quindi parliamo dell'uso di vitigni internazionali, barrique, eccetera) bisognerebbe arrendersi ad alcune evidenze; pure se e' sacrosanto continuare a enfatizzare le peculiarita' locali (anzi, commercialmente parlando, essere local nel produrre e' qualificante) tuttavia bisogna prendere atto del divenire inarrestabile. Insomma, tanto per fare un esempio concreto: il Chianti si fa in Toscana, e si fa col Sangiovese; va bene, c'e' un 10% di Cabernet (15%? Di piu'?) che lo stipicizza, forse. Il colore e' piu concentrato, il corredo aromatico si modifica.
E' questo del tutto male? O non e' piuttosto una forma di adeguamento a qualcosa di inarrestabile? E se questo modo di essere global alla fine e' anche essere piu' simili, avere piu' cose in comune, davvero dobbiamo considerarlo male?
Io non ho la pretesa di saper rispondere con certezza a queste domande. Pero', quel po' di Cabernet nel Chianti non mi infastidisce troppo.

mercoledì, giugno 15, 2005

Spit or swallow?


Divertente articolo (in inglese) segnalato da Vinography, sulla tecnica ideale per sputare il vino, durante le degustazioni professionali (come dovrebbe essere noto, gli assaggiatori pro sputano). Vinography consiglia, per esercitarsi a trovare la tecnica migliore, di usare, opportunamente, dell'acqua.

martedì, giugno 14, 2005

Scena 1, interno giorno.

Personaggi: Enotecaro, Cliente.
Cliente entra in enoteca. Sottobraccio ha la Guida; l'Enotecaro riconosce immediatamente la Guida dal formato vagamente laterizio; e' l'edizione 2005. Dalla Guida escono svariati segnalibri.
Cliente: "Buongiorno..."
Enotecaro: "Salve... posso essere utile..."
Il cliente apre la Guida al primo segnalibro.
Cliente: "Si, ecco, cercavo questo vino.."
Il cliente cita un vino premiato con i Tre Bicchieri sulla Guida.
Enotecaro: "Spiacente, non ce l'ho"
Cliente (apre al secondo segnalibro): "Ah, allora vorrei.." (cita un secondo vino premiato con i Tre Bicchieri).
Enotecaro: "Hmm, spiace.. non ho neppure questo.."
Cliente (apre al terzo segnalibro): "Ha per caso.." (cita un terzo vino premiato con i Tre Bicchieri).
Enotecaro: "Eh, non e' nemmeno questo a listino".
Cliente: "Va bene.. senta.. che cos'ha che abbia preso i Tre Bicchieri?"

Morale: le guide, in se', non sono il male. E' l'uso che se ne fa, semmai.

domenica, giugno 05, 2005

Class is not water.

Nel giro di pochi post, il big boss del Gambero passa da Margaux '53 al Lambrusco di Civ&Civ. Questa capacita' di saltare dal sacro al profano con understatement sembra proprio invidiabile.

Tu quoque, Beppe.

Non si possono sempre dire cose sensate e condivisibili; a volte scappa una corbelleria. Vabbe', non e' il primo, non sara' l'ultimo. Peggio di lui, solo i suoi commentatori.

Sia chiaro che demenzialita' di questo tenore sono una manna. E' un bene che le masse si rotolino nei loro grotteschi luoghi comuni, giacche' lasceranno ai pochi, alle elites, il piacere di capire.

venerdì, giugno 03, 2005

Hey, they are French, who gives a dam(n)?

Questo post di Fermentations sui disordini di strada prodotti dai viticoltori francesi e' assai divertente; essendo in inglese, lo riposto (liberamente) tradotto, per chi non pratica l'idioma di Albione.

Attaccare i supermercati fa vendere piu' vino??

I produttori di vino della Francia meridionale stanno nuovamente creando disordini, e distruggendo pubbliche proprieta'. Sono un po' giu', siccome le cose non vanno secondo i loro piani. Le vendite scendono. La produzione sale, le vendite di vini d'importazione salgono. Cosi', naturalmente, hanno scelto di:

- Bruciare scambi ferroviari.
- Demolire vagoni ferroviari.
- Rendere inutilizzabili le vie di comunicazione ferroviarie.
- Compiere atti vandalici in supermercati, buttando giu' dagli scaffali bottiglie di vini d'importazione.
- Distruggere recipienti in una locale distilleria, lasciando correre per strada 13.000 ettolitri di vino cileno.

Che vogliono i viticoltori francesi ribelli? A parte lenire le loro pene con tagli di tasse per favorire il consumo dei loro vini, essenzialmente vogliono che il mondo torni indietro agli anni sessanta, quando il vino francese era il re del mondo.
Questa e' davvero l'essenza del problema francese. I viticoltori francesi semplicemente non si sono adattati ad un mondo nel quale ottimi vini ad ottimi prezzi sono ora prodotti in ogni angolo del globo. Chiaramente si sono adattati i francesi, dal momento che comprano piu' vini australiani, cileni, neozelandesi, ed argentini, e meno francesi.
Sono certo che i viticoltori francesi sanno che devono modificare il modo in cui mettono sul mercato i loro vini. Ma prima, vogliono l'aiuto finanziario per attraversare questa crisi.
Si rendono pure conto che debbono drasticamente migliorare il livello dei loro vini base? Di questo ne dubito.


E alla fine di questo, merita tradurre pure un commento al post:
Hey, sono fracesi, chi se ne frega? Non son degni nemmeno dello sforzo di preoccuparmi per loro. Non si meritano niente.

Essere inutile.

Succede che uno pensi una cosa, la scriva, e la rilegga, poi decida di non postarla, perche' sembra vagamente polemica, e comunque troppo personale. Poi succede che anche altri ti ci facciano ripensare, e cosi' vai a ripigliarti l'appunto salvato e mai pubblicato, e finalmente lo pubblichi.

Ha ragione Aristide quando scrive che "la dis-intermediazione è il vero fenomeno, autentico, spietato, di questa era. L'abbattimento dei filtri tra produttore e consumatore è in atto in tutti i settori dell'economia. Stanno nascendo nuovi mercati grazie a questo fenomeno. Noi stessi blogger, siamo dei "prosumer" (producer-consumer) di informazione e ci poniamo come alternativa ai media tradizionali. Lo stesso vale per il mercato del vino: domanda e offerta non hanno più bisogno di intermediari antiquati, parassiti, distorsori della dinamica dei prezzi, fagocitatori di valore aggiunto anzichè crearne. Ci occorrono nuove realtà distributive per nuovi canali e nuove forme di vendita. I produttori devono imparare ad usare e creare i nuovi canali, i consumatori devono attrezzarsi per aggirare la piramide della qualità/prezzo impazzita."

Prendete l'enotecaro, per esempio: sta diventando inutile.
Sia chiaro subito questo: non sono polemico. Non e' possibile in nessun modo essere polemici con gli eventi incontrastabili, coi megatrends (perdonatemi l'orribile parola). Sarebbe come inveire contro le nubi durante la pioggia battente, e tu sei senza ombrello; che fai, protesti con gli elementi? Chiediti semmai perche' sei allo scoperto senza nemmeno un impermeabile.
Allo stato attuale dei fatti, la tendenza e' questa, ed abbastanza inarrestabile: il vino di qualita' si compra direttamente dal produttore. In seconda istanza, se si trova, si compra al supermercato. Incidentalmente, infine, presso l'intermediario (enoteca, o quel che e'). Noi (intermediari) piano piano spariremo, o diventeremo altro, saremo riconvertiti, saremo messi in qualche genere di mobilita' da noi stessi. Fino ad allora, sara' bello esserci; ma intanto, prepariamoci. Fino ad allora, dovremo fondare il nostro lavoro su una professionalita' esasperata, e sperare che basti.

mercoledì, giugno 01, 2005

Altro che biometria.

Da Punto Informatico di oggi: sei ubriaco? L'auto non parte.
"Si tratta di un rivestimento speciale applicato al volante dell'automezzo: a contatto con le mani del conducente, un microetilometro stabilisce se bloccare oppure fare avviare la vettura."
Questione di tempo, ci si arrivera'; le variabili possibili sono infinite, sul genere "un sensore avverte che non hai fatto la doccia, non entri in metropolitana". Eccetera, eccetera, eccetera.